La separazione del Fermano dall’Ascolano ha incontrato in parte ragioni di ordine culturale: è noto ad esempio che il fiume Aso, il cui medio corso segna il confine meridionale della provincia, è anche un’importante linea di demarcazione linguistica fra i dialetti italiani mediani e meridionali. Il capoluogo possiede peraltro un’area di influenza più o meno estesa e non necessariamente coincidente con la provincia. Molti comuni anche ascolani e maceratesi ricadono storicamente a vario titolo nell’orbita di Fermo, tenendo presente comunque la concorrenza di poli d’attrazione moderni come Civitanova Marche e San Benedetto del Tronto.
A titolo esemplificativo si possono indicare alcuni ambiti territoriali che, anche dopo la soppressione della provincia storica, hanno continuato a far capo alla città. In particolare essa è sede di una vasta arcidiocesi metropolitana, e di un circondario di tribunale i cui confini coincidono con quelli della provincia storica (ne sono infatti esclusi i comuni dello storico mandamento pretorile di Amandola e vi sono invece inclusi quelli del mandamento di Ripatransone; oltre a questi ne fa parte Montefiore dell’Aso, che pur essendo nel mandamento di Monterubbiano non è entrato nella provincia di Fermo).
La provincia di Fermo ha origini remote. Esse risalgono alla fondazione della città, che fu una delle antiche capitali picene. Già colonia romana istituita per il controllo di Ascoli e delle popolazioni locali, Fermo fu potentissima nel Medioevo, quando i Longobardi la posero a capo di un ducato, associato a quello di Spoleto e in seguito trasformato dai Franchi nella vasta Marca fermana.
Successivamente alla confluenza di quest’ultima nella Marca d’Ancona, Fermo rimase capitale di un piccolo stato (Comitato fermano) e, essendosi costituita in libero comune nel 1199, ampliò progressivamente il suo territorio fino a sconfinare nei domini ascolani (1348). Il Comitato di Fermo riunì anche ottanta castelli nel periodo della sua massima espansione. Nel 1589 la città ottenne da papa Sisto V (Felice Peretti, marchigiano, già vescovo di Fermo) la elevazione della propria diocesi in sede arcivescovile metropolitana.
Tra Settecento e Ottocento il territorio piceno alternò unificazioni e divisioni. Incluso in epoca napoleonica nel dipartimento del Tronto (con capoluogo Fermo), tornò a scindersi in due delegazioni nel 1816, subito dopo la Restaurazione. Di nuovo unito da papa Leone XII (con due capoluoghi, Fermo il principale, sede del delegato apostolico e Ascoli secondario, sede di un luogotenente), si divise ancora con il successore Gregorio XVI a seguito della insurrezione del 1831 e dei moti del 1848-’49. L’Unità d’Italia ne sancì l’ennesima fusione (questa volta, per la prima volta nella storia, con capoluogo principale Ascoli, mentre Fermo divenne sede di un circondario), dando vita a una vera e propria questione fermana durata dal 1860 agli anni 2000.
Nel 2004 la legge n. 147 ha ricostituito la provincia di Fermo, sebbene i confini siano diversi da quelli della provincia soppressa nel 1860. La provincia ha cominciato a operare dal 2009 con l’elezione del primo consiglio provinciale e l’attivazione di molti uffici periferici dello Stato.
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