Italia

Curiosità milanesi

la Darsena e navigli (il porto di Milano)

La Darsena venne costruita nel 1603 dal governatore spagnolo conte di Fuentes, ma solo con i lavori del 1920 prese l’aspetto attuale. Dalla Darsena defluiscono il Naviglio pavese e il Ticinello e confluiscono il Naviglio Grande e l’Olona, oggi coperto. Questa zona veniva popolarmente definita “il porto di Milano” per il gran numero di chiatte che trasportavano i marmi per la costruzione del Duomo e merci in generale. I navigli contribuirono non poco allo sviluppo del commercio e dell’economia cittadina. Oggi naturalmente i navigli hanno perso la funzione di mezzo di trasporto ma regalano ancora un angolo suggestivo ai visitatori.

Gli “stamegni”

Nel tristissimo periodo della dominazione spagnola Milano era una città povera e malsana. Le strade erano un dedalo di vicoli piccoli, bui e maleodoranti spesso dominio incontrastato di briganti. In quel periodo le finestre delle povere case della gente comune non avevano i vetri ma dei luridi cenci per chiudere i vani, detti appunto stamegni. Soltanto a partire dal 1775 molti di questi furono sostituiti da vetri, quando gli spagnoli erano ormai un ricordo e Milano era sotto il controllo dell’Austria.

La fabbrica del Duomo

La costruzione di quello che è oggi il Duomo di Milano fu iniziata nel 1386 da Gian Galeazzo Visconti e terminata in epoca napoleonica. Il progetto della costruzione nei secoli subì innumerevoli variazioni e le fasi di costruzione coinvolsero parte della città: i marmi destinati alla costruzione partivano dal Lago Maggiore e lungo i navigli attraversano la città e venivano trasportati al cantiere. Nel linguaggio popolare la fabbrica del duomo indica un lavoro destinato a subire infinite modifiche e a non terminare mai.

A ufo

I marmi destinati alla costruzione del Duomo partivano da Canmiladoglia, sul Lago Maggiore, e venivano trasportate fino a Milano con delle chiatte che navigavano lungo il Ticino e quindi i navigli. Questi marmi portavano impressa la sigla AUF (ad usum fabricae) e questa espressione prese ad indicare nel linguaggio popolare tutti i lavori non pagati.

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