La provincia regionale di Catania o, più semplicemente, Provincia di Catania, amministrativamente denominata dal 2014 Libero Consorzio Comunale di Catania in seguito alla soppressione delle province, è stata una delle nove province della Sicilia, con 1 116 168 abitanti e una superficie di 3.553 km² comprendente 58 comuni. In ottemperanza alla legge regionale del 4 agosto 2015, la provincia di Catania ha cessato di esistere per essere sostituita dalla Città metropolitana di Catania.
Affacciata ad est sul mar Ionio, confinava a nord con la provincia di Messina (limite segnato in buona parte dal corso del fiume Alcantara), ad ovest con la provincia di Enna e la provincia di Caltanissetta, a sud con la provincia di Ragusa e la provincia di Siracusa.
L’ex provincia di Catania ospita tre siti, più precisamente le città di Catania, Caltagirone e Militello in Val di Catania, dal 2002 insigniti del titolo di Patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO, insieme con il Val di Noto, oltre che il Vulcano Etna, che si fregia del medesimo titolo. Annovera, infine, un importante riconoscimento come Bene Etno Antropologico Patrimonio dell’Umanità della città di Catania nel mondo per la Festa di Sant’Agata.
L’area dell’ex provincia di Catania risulta abitata in innumerevoli siti sin dalla notte dei tempi. Tracce di insediamenti preistorici si ritrovano dappertutto alle pendici dell’Etna nelle zone costiere e lungo le valli del Simeto e dei suoi affluenti, nel calatino e sulle alture circostanti gli Erei e gli Iblei. Quasi tutte le città e i paesi odierni mostrano evidenti o presunte tracce di insediamenti Sicani e poi Siculi; ma è del periodo greco che tutta la provincia mostra evidenti le tracce, storiche ed archeologiche, dello splendore raggiunto. Il periodo successivo, quello romano, che mirò soprattutto a trasformare l’isola in granaio di Roma, anche a causa delle pesanti imposizioni tributarie, portò ad un impoverimento del territorio nel suo complesso. Un certo sviluppo si ebbe a partire dal tardo impero romano dopo la concessione della cittadinanza romana ai siciliani nel 212 e viene testimoniato dai resti di acquedotti e terme, dalle vestigia di Catania, come l’Anfiteatro e il Teatro Romano.
L’eruzione del 1669 investe Catania, affresco di Giacinto Platania, sacrestia della Cattedrale di Catania
Fino alla fine del Settecento l’economia della provincia catanese aveva un suo mercato con interessi extraprovinciali, nel campo delle coltivazioni cerealicole e del grano, della coltivazione della vite e della produzione del vino, dell’allevamento dei bovini e nel campo dell’allevamento del baco per la produzione della seta, di cui sono testimonianza i sopravvissuti alberi di gelso bianco ancor oggi presenti nel territorio. Anche la città cominciava a crescere dal punto di vista demografico, con l’immigrazione di intere famiglie provenienti dall’interno dell’isola in cerca di lavoro nelle varie attività che fornivano la manodopera necessaria producendo sviluppo e ricchezza. Durante il XVII secolo la provincia fu colpita da due tremende sciagure: la colata lavica del 1669 che giunse sino al capoluogo (coprendo fra l’altro i centri di Nicolosi, Fenicia Moncada (Belpasso) e Misterbianco) ed il terribile terremoto del 1693 che cancellò i due terzi della popolazione di Catania, Trecastagni, Pedara, Occhiolà (oggi Grammichele), altri centri ebbero moltissime vittime ma quasi tutti vennero accomunati da una distruzione delle costruzioni e degli opifici pressoché totale. La ricostruzione e la politica, attuata dai governanti di allora, della concessione di terre e di sgravi fiscali permisero la rinascita della provincia che manifestò una vitalità inaspettata. Ripresero così i commerci e le coltivazioni.
Il 24 febbraio 1853 iniziava l’attività la Camera consultiva commerciale di Catania in un contesto difficile quale lo era quello burocratico del governo borbonico. Le sue iniziative e le sue pressioni portarono al potenziamento delle infrastrutture essenziali delle poste, delle banche e dei collegamenti marittimi e stradali (al tempo era molto difficile la comunicazione via terra anche con Messina e Siracusa). Nello stesso periodo venne tentata, con la costituzione di una Società di irrigazione del Simeto del barone Spitaleri, la coltivazione del cotone in alcune zone della Piana di Catania e la coltivazione del riso, ma soprattutto quest’ultima si rivelò un’iniziativa poco felice e la società nel 1859 andò fallita. L’attività imprenditoriale cercò allora altre alternative introducendo nelle aree provinciali più idonee la coltivazione su vasta scala degli agrumi, trasformando ampie zone fino ad allora coltivate a vigneto.
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